Invitato alla 54. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia, Padiglione Italia, Regione Lombardia nella grande panoramica sull’arte italiana, a cura di Vittorio Sgarbi (giugno/novembre 2011 – Milano),
durante la Biennale di Venezia Flavio Lucchini è presente anche con una personale in progress e con una collettiva di sculture a Venezia cui si aggiunge un’esposizione contemporanea a Milano per uno spaccato più completo del lavoro dell’artista.
FLAVIO LUCCHINI What women want(?) personale, presentata da Alan Jones Riva S. Biagio/ Arsenale Space, Castello 2145, Venezia 1 giugno/27 novembre 2011 Vernissage 1, 2, 3 Giugno
La mostra
Un artista occidentale si cimenta con l’iconografia mediorientale. Immagini di donna. Sotto il burqa afgano, il niqab mediorientale. Che illuminano, rivelano, riflettono su il misticismo, il fanatismo, l’oscurantismo del presente. E l’insopprimibile voglia di esprimere se stesse. Sguardi velati per le ironiche copertine di riviste di moda o per i poster versione street-art. Moltitudini velate nei quadri che ipotizzano un futuro sempre più dominato dall’Islam. Veli che nascondono ma non sopprimono la voglia di femminilità, bellezza, giovinezza e sono discretamente o sfacciatamente decorati, ricolorati, griffati.
Grandi opere digitali, dove il mouse si sostituisce al pennello, l’unicità dell’arte si fa complice della serialità della tecnologia.
Contaminazione di culture. Crossing di linguaggi: l’arte si interfaccia con la moda, con la grafica, con la pubblicità, con la fotografia, con internet, con Photoshop, con il sociale.
Flavio Lucchini
Flavio Lucchini nasce a Mantova, studia Architettura a Venezia e Arte all’Accademia di Brera di Milano. Fin da giovanissimo si mette in mostra per l’audacia e la modernità del suo lavoro grafico. Trasferitosi a Milano, crea e porta al successo le più importanti riviste di moda Italiane (da Fantasia a Amica, Vogue, L’Uomo Vogue, Lei/Glamour, Donna, Moda ed altre), scopre i nuovi talenti della fotografia, della grafica, del giornalismo e tiene a battesimo sui suoi giornali tutti i più grandi stilisti. Per trent’anni è il più influente personaggio dell’editoria di moda italiana. Nel 1990 abbandona tutti i suoi incarichi per dedicarsi esclusivamente all’arte. La sua ricerca si concentra sull’abito femminile come metafora sociale e simbologia della creatività, attraverso sperimentazioni new-pop che attingono alla sua vasta cultura nel campo delle arti visive. Vive tra Milano, dove ha il suo atelier di scultura, e Parigi, nella home-gallery di Saint Germain.
La curatela
Uno dei maggiori storici della Pop Art dei nostri giorni, Alan Jones è stato uno tra i primissimi critici d’arte a recensire artisti quali Jeff Koons.
Autore della biografia best-seller di Leo Castelli, è anche co-autore di “The art dealers”, che racconta cinquant’anni di lavoro dei più importanti galleristi di New York. Ha lavorato per Arts, Flash Art, Il Giornale dell’Arte, Bijitzu-Techu, Art Press, ed è stato a New York Senior Editor di NY TALK Magazine.
Ha curato diversi cataloghi tra i quali quello della Galleria Nazionale (Roma), della Larry Gagosian Gallery, della Thaddaeus Ropac Gallery, della Fondazione Cartier (Flammarion), del Laforet Museum di Tokyo, e dello Studio Giordano Raffaelli.
È apparso anche nei panni dell’ “art cop” nel talk show “Andy Warhol’s Fifteen Minutes” (MTV).